CANDIDATI GAY. TANTI NOMI, POCHE CERTEZZE

Paola Concia è data per sicura nella corsa al Parlamento. Probabile Titti De Simone, capolista in Basilicata. Numerose le candidature omosex e trans, ma poche le speranze. Mancuso: «È mancata regia» martedì 18 marzo 2008 , Da Delia Vaccarello da "1,2,3...liberi tutti de l'Unità"

Il gay pride 2007, che a Roma ha riempito piazza San Giovanni più del Family day, lasciava ben sperare. Il movimento omosex e trans aveva mostrato la propria consistenza. Ma il rapporto con i partiti alla prova delle candidature lo ha visto in tutt’altra forma. Se nella passata legislatura quattro scranni di Montecitorio erano occupati da gay, lesbiche, trans (Grillini, Luxuria, De Simone, Silvestri), la prossima potrebbe riservare qualche sorpresa. Franco Grillini, presidente onorario Arcigay, che si è dissociato dai Ds in vista della nascita del Pd, ha tutt’altro che la certezza di una rielezione. Candidato con i socialisti in Emilia e in Lombardia, mette alla prova la sua capacità rappresentativa del popolo «lgbt» correndo per la poltrona di sindaco di Roma. Alla Camera, invece, entrerà con buona certezza Paola Concia, candidata dal Pd al decimo posto in Puglia, regione sensibile alle tematiche omosex che ha già eletto Niki Vendola governatore. «Qui si respira un bellissimo clima – dice Paola Concia, nel vivo della campagna elettorale – i pugliesi sono frizzanti, hanno voglia di conquistare tante mete. Somigliano agli spagnoli. Lavorerò moltissimo con i giovani e con le donne, in perfetta sintonia con l’Arcigay locale che mi sostiene». Difficile fare pronostici per Luxuria, star della precedente campagna elettorale, candidata dalla Sinistra Arcobaleno al secondo posto nella Sicilia occidentale. Con una raccolta di firme duecento donne della stessa area hanno lamentato l’«imposizione» della candidata trans foggiana nelle liste dell’isola. Come dire: perchè a Roma non valorizzano le risorse siciliane? Luxuria, intanto, incassava il sostegno di tutta l’Arcigay della Trinacria, con Paolo Patanè e Agata Ruscica in testa che hanno espresso «sdegno» per la presa di posizione delle donne, lasciando intendere: Roma non è nuova alle azioni dall’alto, se «l’intrusa» non fosse stata una trans, ma una donna «biologica», avreste raccolto le firme contro? Anche Silvestri è finito in Sicilia, lasciando le temperature rigide di Brescia, sua città natale. Candidato della Sinistra Arcobaleno, compare al terzo posto nella lista per il Senato, in posizione assai incerta. In prima fila la collocazione di Titti De Simone. Sostenuta da Rifondazione comunista ormai da due legislature, la candidata lesbica emersa dopo lo storico Pride del 2000 a Roma è capolista per la Camera in Basilicata. C’è poi, sempre per la Sinistra Arcobaleno, la candidatura di Paolo Hutter in Lombardia, che lui stesso considera «di incoraggiamento» verso chi non fa politica attiva, e di sprone per alleggerire in territorio padano il cavaliere: «se la Sinistra Arcobaleno non superasse l’otto per cento, Berlusconi conquisterebbe più seggi». Al Nord troviamo Andrea Benedino, già portavoce insieme a Paola Concia di gayleft, la consulta che sosteneva i diritti omo nei Ds. Dal suo blog, dove dice di essere «candidato al dodicesimo posto nella lista del PD per la Camera nella circoscrizione del Piemonte 1, ultimo posto eleggibile in caso di vittoria di Veltroni alla Camera, cioè solo nel caso in cui scatti il premio di maggioranza per la coalizione PD-Italia del Valori», Benedino ringrazia i giovani. La raccolta di firme c’è stata anche nel suo caso, ma questa volta pro e non contro: «Un fatto inedito, perchè sul mio nome c’è stata la convergenza di ragazze e ragazzi molto differenti tra loro, con storie politiche diverse, molti dei quali arrivano dall’area cattolica della Margherita». Ancora, in Lombardia, corre Ivan Scalfarotto, nelle liste del Pd, incerto anche lui. Restano Fabio Omero, già segretario dei Ds di Trieste, quinto su sette candidati alla Camera nelle liste del Pd, e Antonio Soggia, candidato under 30 della Sinistra arcobaleno in Piemonte. Se la quasi certezza cade al momento su due teste, e la speranza su altre, c’è l’amarezza dei nomi attesi invano. Sergio Lo Giudice, già presidente nazionale Arcigay, è stato appellato dal resto del Carlino l’«escluso eccellente», e commenta: «speriamo che passi presto il tormentone, se no mi incoroneranno Re dei Trombati!». Assente dalla corsa nonostante i pronostici Alessandro Zan, l’inventore dei pacs alla padovana, noto per la bellezza da attore del neorealismo, nonché per le iniziative romane di mezzo inverno in favore dei diritti. L’ultima, «Un politico per due», l’ha condotta come presidente della Linfa, la Lega Italiana nuove famiglie, riscuotendo il consueto successo tra i politici e le coppie presenti. La Linfa, comunque, piazza la sua coordinatrice ligure, che se eletta si batterà senz’altro per i diritti delle coppie di fatto. È Cristina Morelli capolista al Senato in Liguria nelle file della Sinistra l’Arcobaleno. Nessuna candidatura sul fronte della Destra ed escluse molte personalità «sensibili», con vivo rammarico di Gaylib. «La conventio ad excludendum berlusconian-finiana ha deciso di lasciare fuori quasi tutti i personaggi d’area liberale che hanno a cuore anche il tema dei diritti gay e poi ha chiuso le liste», dichiara Daniele Priori, vicepresidente. Insomma, lesbiche, gay e trans nella società ci sono, ma in Parlamento forse non si vedranno abbastanza. Come mai? «Assenza di regia», dice Aurelio Mancuso, presidente nazionale Arcigay. «Se sono mancati sensibilità e strategie nei partiti» è anche vero che il movimento è apparso debole, «nella sostanza ognuno è andato per la propria strada». Un passaggio inevitabile? Per il futuro Mancuso si propone nuove strategie. Il movimento gay, stordito da un pride estremamente partecipato, ma restando schiacciato dall’assenza di una vera conquista sociale sul piano dei diritti, al momento delle candidature ha smesso di pensarsi come una collettività. E, com’è banalmente noto, da soli si vince molto poco.

Di Delia Vaccarello
delia.vaccarello@tiscali.it

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